(o
Segalelli, Gherardo).
Eretico italiano. Originario della provincia di Parma, aveva rivolto domanda di
ammissione presso i Frati Minori dell'ordine francescano della città, ma
gli venne rifiutata, probabilmente a causa delle sue umili origini. Fortemente
motivato nella propria vocazione e ispirato al clima spirituale creato dalle
profezie gioachimite (V. GIOACCHINO DA FIORE), si dedicò ugualmente
agli ideali della vita ascetica, vendendo i propri beni e distribuendone il
ricavato. Fondò in Parma la setta degli Apostolici (V.), con il programma di un ritorno alla
povertà assoluta, condizione in cui avevano vissuto Cristo stesso e la
Chiesa primitiva. Inizialmente il nuovo ordine religioso fu non solo tollerato
ma anche ben accolto dalle autorità ecclesiali cittadine, che ne
sostennero le attività di predicazione nelle campagne parmensi:
S.
raccolse un certo numero di seguaci, la cui opera aveva il principale
riferimento nei medesimi principi ispiratori degli ordini mendicanti
ufficialmente riconosciuti dalla Chiesa medioevale. Tuttavia la polemica
condotta dagli Apostolici contro la mondanità e la corruzione del clero
ebbe come conseguenza l'inimicizia contro
S. non solo da parte del clero
secolare ma anche dagli stessi ordini mendicanti: il fatto è comprovato
anche dai capitoli composti contro di lui dal francescano Salimbene da Parma
(V.) nella sua
Cronaca. Attiva con ogni
probabilità già intorno agli anni Cinquanta del secolo, o al
più tardi negli anni Sessanta, la setta fondata da
S. non
poté sfuggire alla generale condanna emessa dal secondo Concilio di Lione
(1274) contro la proliferazione degli ordini e contro le congregazioni religiose
non autorizzate dai vescovi e non regolarmente insediate con una casa madre
entro una diocesi. Al dettato del Concilio lionese si aggiunsero poi, a carico
degli Apostolici, altre censure specifiche emanate contro di essi da papa Onorio
IV nel 1286, da Niccolò IV nel 1290 e da Bonifacio VIII nel 1296. Il
vescovo Obizzo Sanvitali, che era stato assai vicino allo stesso
S. al
principio della sua opera, fu necessariamente costretto ad istituire un processo
contro gli Apostolici che, benché ormai diffusi in tutto il settentrione
della penisola, avevano il proprio centro spirituale proprio in Parma. Esito del
primo procedimento inquisitorio furono la condanna al rogo per quattro discepoli
di
S. (due uomini e due donne) e il carcere perpetuo per quest'ultimo.
Tuttavia, essendo stato liberato dopo una regolare abiura, egli tornò
alla predicazione e fu dunque condannato al rogo pochi anni più tardi. La
vicenda di
S. e degli Apostolici riveste un particolare interesse per la
storiografia e lo studio delle eresie medioevali, in quanto esemplifica
limpidamente il fenomeno per cui un gruppo religioso slittò gradatamente
da un'insubordinazione di natura puramente disciplinare (la mancata obbedienza a
prescrizioni di ordine gerarchico) ad una di carattere dottrinale e dunque
potenzialmente ereticale: come eretico fu trattato
S. e secondo tale
assunto si comportò poi effettivamente (XIII-XIV sec.).